LA “LOGGIA DEI VINI”
di Giusy Antonaci
Immagine: Facciata esterna della Loggia dei vini, Villa Borghese, Roma.
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Quante volte ho percorso viale dei lecci a Villa Borghese?
Venti? Cento? Forse mille?
Devo essere stata proprio accecata dai pensieri o dal sole insinuatosi fra i rami verdeggianti, oppure inebriata dai profumi di aranci e alloro dei Giardini Segreti per non soffermare lo sguardo, neppure una volta, sulla Loggia dei vini. Lungo il cammino, non è pienamente visibile perché appena sotto il livello del viale, seminascosta dagli alberi che le fanno ombra, circondata da un'inferriata arrugginita che la imprigiona, come per farle espiare il peccato commesso nel passato di deliziare ospiti importanti e dal palato fine. È chiusa al pubblico questa costruzione dall'architettura classicheggiante, che inizialmente può somigliare ad una tomba romana, e le chiavi dei catenacci le possiede un archeologo che lavora da anni a Villa Borghese, artefice di notevoli operazioni di recupero dei numerosi edifici e fontane che abbelliscono la Villa del '600, prima residenza del Cardinale Scipione Borghese.
Per un giorno accetta di fare da guida a me e ad un gruppo ristretto di amici, che amano le scoperte.
Apre il cancello. Scendo piano due rampe di scalini scivolosi, perché ricoperti da un tappeto di fittissimo muschio da cui si solleva un penetrante profumo boschivo.
"Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti..." è il verso manzoniano che riaffiora nella mia mente in questi attimi, per associazione con l'atmosfera di antico abbandono, che riporta indietro nei secoli.
Intorno, dove sorgeva un giardino, un campo incolto con ortiche robuste e qualche carota qua e là per sfamare un coniglio bianco, unico abitatore della Loggia dei vini. Da vicino è bellissima, a pianta ovale, imponente, ma nello stesso tempo di un singolare equilibrio armonico, danneggiata e scrostata dal tempo.
Attraverso gli archi, che fanno penetrare la luce all'interno, si giunge in un androne ovale, intimo, uno spazio semiaperto dove le voci echeggiano e rendono ancora più suggestivo l'ambiente.
Al centro della volta, festoni di stucco custodiscono affreschi policromi in parte visibili, raffiguranti il convito degli dei, opera di Archita Rossi. I volti sono sbiaditi, per cui le figure non sono riconoscibili, eccetto Marte in primo piano, altero con l'elmo bronzeo e la corazza corta.
S'intravedono anfore, boccali, pampini e al centro della sala un grande tavolo rettangolare intorno a cui gli dei banchettano e bevono nettare, in un'atmosfera gioiosa.
L'affresco simboleggia proprio lo scopo della Loggia, il banchetto fastoso. La Loggia fu realizzata tra il 1609 e il 1618 da Flaminio Ponzio, per esaudire il desiderio del Cardinale Borghese di creare nel parco un angolo di raffinatezza adibito a banchetti nel periodo estivo per la sua famiglia, ma soprattutto per ambasciatori, personalità, generali, invitati per riunioni conviviali.
Così, quel luogo ameno divenne un esempio di diplomazia internazionale dal '600 all' '800.
Proverbiali furono alcuni pranzi all' aperto e grandi libagioni, come il banchetto del 1619 in occasione dell'Ambasceria del Giappone, quello in onore dell'elettrice di Sassonia nel 1772, documentato con dipinti di Ignaz Unterper, il convito offerto dai Borghese nel 1802 in onore del generale Gioachino Murat, marito di Carolina Bonaparte.
Come nell'affresco sulla volta, anche nella sala, al centro dello spazio conviviale, era sistemato un grande tavolo marmoreo rettangolare con fori, che venivano riempiti d'acqua all'occorrenza e usati per rinfrescare il vino.
A tale proposito, veniva utilizzato anche del ghiaccio, fatto trasportare appositamente in blocchi con carrozze e depositato nella Grotta, una cantina usata per conservare le botti di vino e collegata con un percorso sotterraneo alle cucine della residenza, detta il "Casino Nobile". Era lì che si preparavano per le occasioni i piatti più succulenti, a base soprattutto di carni scelte e pietanze luculliane servite in enormi vassoi d'argento e decorate con cascate di ortaggi, frutta fresca e secca. Piatti tipici molto apprezzati erano gli uccelletti in crosta, che venivano cucinati ancora vivi con foglie di alloro, mirto e rosmarino, oltre ai maialini interi presentati dentro architetture di verdure miste e patate, tra lo stupore degli invitati. E poi c'era il vino, tanto vino, proveniente dai vigneti della Villa, sorseggiato, assaporato in calici preziosi e decantato.
I domestici si adoperavano per trasportare i piatti attraverso la cantina, mentre fra gli invitati era tutto un fruscio di vesti di seta, ventagli, un tintinnio di gioielli delle signore e un fiume di apprezzamenti lusinghieri.
Si discuteva di affari e di arte e nel frattempo si festeggiava con allegre libagioni, fino a raggiungere l'ebbrezza che disinibiva e scioglieva la lingua. Era il luogo dei sapori e delle delizie, nel cuore di Roma, tra il quartiere Pinciano e il rione Campo Marzio, nel grande parco di Villa Borghese, dove l'area verde è divisa geometricamente per stabilire, tra edifici, statue e laghetti, i poli visivi delle due fontane circolari sulle piazzole rotonde degli incroci. È tutto un intersecarsi rigoroso di aiuole assortite e viali che consentivano alle carrozze l'accesso al Casino Nobile, sede estiva di uno dei maggiori protagonisti della vita culturale del '600, l'indimenticabile Cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V Borghese, che provvide a elargire protezione e ricchezza ai familiari e in special modo al nipote.
Il Cardinale raccolse una stupenda collezione d' arte antica e moderna nel Casino Nobile, divenuto nel '900 un museo che espone le più importanti opere d'arte dal XVI al XVIII secolo e capolavori di artisti come Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Bernini e Canova.
Tra le ville romane, Villa Borghese è una delle più ricche di testimonianze artistiche e paesaggistiche e non sono un segreto le scappatoie, anche spudoratamente subdole, a cui ricorse il Cardinale, pur di accaparrarsi le opere più belle che gli piacevano maggiormente, per le quali si sarebbe venduto anche l'anima.
Intanto, dopo un esauriente excursus storico-artistico della guida e la visione di una carrellata di dipinti d'epoca in cui è ritratta la Loggia dei vini gremita di gente, in speciali occasioni, la breve visita termina. Un'ultima occhiata e due domande legittime :"A quando il restauro? A quanto ammonterebbe?".
Le risposte sono queste:"Di per sé, considerando gli spazi, il costo non sarebbe eccessivo ed i tempi nemmeno troppo estesi. Ciò che preoccupa maggiormente è la lungaggine delle pratiche per ottenere i fondi, per l'approvazione dei progetti edilizi e architettonici, anche per la sistemazione del verde, oltre alle gare, insomma un iter burocratico che, il più delle volte, ostacola un percorso che potrebbe essere, invece, breve e lineare. "
In attesa degli eventi, si richiudono i cancelli e la Loggia dei vini resta lì, misconosciuta, avvolta nel silenzio in cui pare di sentire un'invocazione impercettibile d'aiuto, di nuovo imprigionata dalle sbarre, tra profumi, delizie ed echi di antichi fasti.
Bibliografia
- J. Di Schino, I fasti del banchetto barocco, Diomeda Centro Studi e Ricerche
- A. Capitelli, Villa Borghese. Da giardino del principe a parco dei romani, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 2003
- Romasegreta.it on line