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ANCORA LONTANI

            Cari amici,

Sabina ha pubblicato su facebook un racconto di Chiara Gamberale che mi sembra veramente molto bello (parla anche di noi!) e che vi invito a leggere.

         Siamo tutti stufi di questa situazione ma dopo il temporale tornerà il sereno e potremo rivederci, riabbracciarci e stare serenamente insieme.

         Confido che almeno a luglio sarà possibile organizzare una gita fuori Roma e vi pregherei, sin d’ora, di volermi indicare la località che ritenete più suggestiva ed attraente.

       Prenderemo un pullman doppio, triplo o quadruplo per mantenere, ove fosse ancora necessario, le distanze. E poi REGALEREMO:

- a Daniela, Manu e Maddalena uno specchio magico perché possano vedere come son belle dentro e fuori;

- a Sergio una cuoca in modo che possa liberare la madre dalla cucina;

- a Massimo (la salma) oltre alla mascherina anche un bavaglio per farlo finalmente star zitto;

- ad Abu un poster di Salvini e un salvagente;

- a Giusy una guida di Roma per evitare che torni a Taranto;

- ad Eugenio un mazzo di carte perché bari giocando al solitario e non nella formazione delle squadre di calcio;

- a Daniele e ad Andreino una maglia della Roma perché si ravvedano;

- a Fabrizio, Andrea e Benedetta un album di figurine dei personaggi dello spettacolo in modo che possano scegliere la preferita o il preferito per nuovi amori virtuali;

- ad Angela un elenco di “immunizzati” con i quali non è necessario ..….mantenere le distanze;

- a Lamberto una corona d’alloro come si addice ai grandi poeti;

- a Sabina un orologio concedendole un tempo massimo (direi dieci minuti) per decidere dei suoi amori e della sua vita;

- a tutti un grande cuore rosso a dimostrazione del nostro affetto.

            Un grande abbraccio (ancora purtroppo soltanto virtuale).

Fabrizio

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IL BICCHIERE MEZZO PIENO

Mi sono sempre vantato del fatto che il mercoledi e il sabato non piovesse mai come se le attivita di VolontAriaMente fossero in qualche modo protette a livello trascendentale. 

Né io né, presumo, gli altri amici potevamo invece prevedere che i mercoledi e i sabati sarebbero stati improvvisamente assorbiti  dal  particolarissimo calendario che il Coronavirus ci impone infischiandosene del sole o della pioggia.

Ora siamo separati senza poter ridere insieme delle papere di Andrea, delle sole di Eugenio, del gioco duro di Abu ecc. ovvero degli amletici dubbi di Sabina, degli spasimanti di Angela, dei fidanzamenti veri o presunti di Fabrizio e Andrea ecc.. 
In questo quadro obiettivamente malinconico dobbiamo pure esser contenti di stare tutti abbastanza bene e di non aver contratto il virus e che, almeno dicono, dopo il temporale tornerà il sereno.

Non mi dite però che "andra tutto bene". Non solo al momento tutto va malissimo ma tale enfatica espressione è a mio avviso assai poco rispettosa del dolore che ha colpito e sta colpendo tante famiglie e della stessa memoria dei tanti che non ce l'hanno fatta e se ne sono andati senza neanche il conforto della presenza delle persone care. 
A vedere però il bicchiere mezzo pieno qualche cosa di importante il virus ce lo sta insegnando. Non solo a rivalutare l'arnbiente e la natura ma anche e soprattutto a riscoprire il valore della solidarietà e il calore di un abbraccio e di una vera amicizia. 
Con molto affetto.

Fabrizio

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Lettera di Fabrizio

Cari Amici,

segregati a casa o a studio siamo tutti esasperati a causa della situazione determinata da questo maledettissimo Coronavirus.

Sembra che la polizia si sia recata piu volte a casa di Angela per verificare che mantenga la distanza di almeno un metro giorno e notte (ripeto giorno e notte) dai vari spasimanti che si alternano nella sua abitazione.

Lamberto che come sapete sta scrivendo un libro su Angela (il titolo sarà "Gli amori di Angela al tempo del Coronavirus") ci terrà comunque informati.

L'unico a non risentire dell'attuale situazione è Massimo (la salma): la distanza di almeno un metro la teneva già ben prima del Coronavirus e la mascherina ne addolcisce le sembianze e nasconde le numerose rughe.
Sabina con la scusa del Coronavirus sostiene di tenere a distanza tutti compreso l'ineffabile nostro amico Archistar. Sarà vero?

Alessandro ha preso in affitto un cane per poter passeggiare dalle parti della nostra mitica Chiara.

Sergio ha messo la madre in quarantena in cucina e più che il Coronavirus rischia l'indigestione.

Daniele, Fabrizio e tutti quelli che sono sempre in caccia dell'anima gemella si devono accontentare di rimorchi telematici e di amori virtuali.

Io mi aggiro sconsolato come un leone in gabbia e l'unica consolazione per me è che sta per finire Don Matteo.

Un abbraccio a tutti e spero a presto.

Fabrizio

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Il sale della terra

IL SALE DELLA TERRA
di Giusy Antonaci
Immagine: ”Sahel: la fine della strada", fotografia di Sebastiao Salgado. 
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Il brasiliano Sebastiao Salgado non è solo il più grande fotografo vivente mondiale, ma anche un viaggiatore infaticabile, un fotografo umanista dall'animo sensibilissimo, artista di paesaggi unici e di volti umani toccanti, oscillanti tra squarci lirici ed urla soffocate di dolore. 
Un uomo che lascia il suo lavoro di economista per seguire una passione amatoriale, che diventa il suo mestiere e la sua vita stessa, è armato di grande coraggio. 
Non solo, è anche animato da un forte desiderio di scalfire con uno scatto i ghiacci dell'Antartide, di toccare con occhio attento le sabbie aride del Sahel, calpestato dai piedi scalzi di anime che patiscono la miseria più nera, dando voce visiva a milioni di esseri umani che vacillano ai margini della sofferenza. 
Le sue testimonianze scorrono da serpenti di migrazioni di popoli che non hanno niente verso terre inesistenti agli impressionanti genocidi africani, dalle condizioni lavorative schiavistiche raccapriccianti nelle miniere d'oro brasiliane agli operai ricoperti d'oro nero che trivellano pozzi di petrolio incendiati in Medio Oriente.
I principali conflitti degli ultimi venticinque anni di storia sono passati attraverso il suo zoom, materializzandosi in scatti dal potente impatto emotivo, che si stampano nella mente. 
Le foto sono esclusivamente in bianco e nero perché, diversamente, i colori non renderebbero i giochi di luce e ombre che come argilla modellano corpi e volti, figure statiche o in movimento che si stagliano su sfondi come fossero a rilievo oppure in prospettiva. 
Salgado percepisce con sguardo esplorativo un mondo industriale che ha soggiogato la natura, in alcuni luoghi da lui visitati ha reso il lavoro senza alcuna dignità, moltiplicato le guerre, accatastato cadaveri in Rwanda. 
Tutto questo, e molto altro, testimonia in religioso rispetto con le sue foto che si sollevano come preghiere silenziose verso un mondo addormentato. 
La vita stessa di Salgado, confrontandosi con la realtà brutale, attraverso le foto s'incarna nei volti degli oppressi che non hanno più voce o la forza di parlare. È lui a parlare per loro con i suoi scatti, diffondendo le più grandi atrocità di cui è capace l'uomo, per scuoterlo in qualche modo dal suo torpore e dissuaderlo dal compiere stermini e azioni contrarie ad ogni idea di sviluppo e dignità. 
Le foto pluripremiate di Salgado sono raccolte nei libri fotografici :
Sahel, Exodus, Africa, I bambini, Gold, Kuwait, Altre Americhe, Genesi, ma l'artista ha ribadito più volte che il suo lavoro esula da ogni aspetto economico. 
Sono tutte testimonianze storiche potentissime delle vicende umane, analisi di culture, luoghi, persone, di fette diverse di mondo. 
Queste immagini sono per noi spade affilate che trapassano il cuore ed emozionano con una forza tale da indurre al pianto. 
"Io scrivo con la macchina fotografica, è la lingua che ho scelto per esprimermi e la fotografia è tutta la mia vita. Non penso tanto alla luce e alla composizione, il mio stile è dentro di me. È la luce del Brasile che io porto con me, quella che porto da quando sono nato ". 
Questa ed altre riflessioni accompagnano il susseguirsi musicale di fotografie nel documentario, che ha ottenuto importanti riconoscimenti, 'Il sale della terra", co-diretto da suo figlio Juliano Ribeiro Salgado e Wim Wenders in cui è presentata la sua vita. 
In esso, Salgado afferma con dolore che, fra tutti gli esseri che abitano la terra, l'uomo è l'animale più crudele, ma è capace di elevarsi sopra se stesso, perché l'uomo è "il sale della terra". Tale espressione è tratta da un passo biblico (Matteo, 5:13) e a questa riflessione egli perviene dopo aver attraversato il momento più difficile della sua vita. 
Infatti, saturo di testimonianze orribili a vedersi, l'artista vede le ombre sovrapporsi sempre più ai suoi disegni di luce, al punto tale da lasciare il suo lavoro. 
Ritorna dopo anni in Brasile, dove l'attendono l'amata moglie Leila e il figlio. Non viaggia più, non fotografa più e la sua disperazione è acuita da un paesaggio diverso da quello florido dei tempi dei nonni, dei genitori e agli occhi suoi stessi prima di partire.
Ora si presenta arido, senz'alberi. 
Dov'è finita la foresta amazzonica? L'uomo, con la sua irragionevolezza, ha sterminato la natura. Lui, che aveva fotografato quarant'anni prima alberi svettanti e rigogliosi, comunità tribali nella vegetazione in un'esistenza laboriosa, con la luce che affondava tra le rughe degli anziani e i corpi sinuosi e ambrati delle donne, soccombe, perde ogni slancio, deluso. 
Solo con il tempo, sarà proprio la terra a guarire il suo animo isterilito come l'ambiente intorno a lui. Comincia a sentire il desiderio di vedere crescere di nuovo gli alberi, rinascere le fonti d'acqua. 
Nonostante tutto, anche lui, animale crudele, è capace di elevarsi sopra se stesso, perché è il sale della vita. 
Con la moglie decide di avviare un progetto grandioso di riforestazione delle terre appartenute alla sua famiglia, desertificate da anni dalla siccità. 
Pianta milioni di alberi per trasformare la terra arida nella foresta di un tempo. 
"Queste piante sono meravigliose. Sono piante ombrose che vengono dal cuore della foresta, dal punto più alto. Le loro foglie somigliano ai capelli di mia madre". 
Il suo progetto in omaggio al Pianeta testimonia che l'uomo può distruggere la vita sul Pianeta, ma può anche ricrearla. 
Salgado recupera la sua antica forza e ritorna a viaggiare, a fotografare soltanto paesaggi, animali, impegnandosi in una campagna di salvezza dell'ambiente. Scopre che più della metà del Pianeta è ancora come ai tempi della Genesi. 
Ora fotografa nelle Galapagos un orso, ora la zampa di un iguana, pensando che sia simile ad un guerriero medievale, con le scaglie metalliche della corazza protettiva. Si sofferma a immortalare una grossa tartaruga che assomiglia ad un'autorità, con le sue rughe che esprimono saggezza.
Poi le balene in Argentina, le piante, i ghiacciai, il cielo terso.
E tutto sembra avere un senso.

 
 
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Lettera di Maddalena

 

Vorrei condividere la notizia della scomparsa di mio papà il signor Aniello Caccavale, il giorno 7 marzo scorso. Aveva 88 anni ed era stato marinaio sull'Amerigo Vespucci ed aveva girato il mondo. Era una persona eccezionale, sempre allegro, profondamente buono e sempre disponibile ad aiutare gli altri. Ha trasmesso i valori della solidarietà e dell'amore verso il prossimo. Per i nipoti Matteo e Irene era il nonno sempre giovane, con le scarpe da ginnastica che li faceva giocare e la guida che li ha aiutati a crescere. Per la moglie, Giuseppina, è stato un marito esemplare che è rimasto accanto a lei 50 anni accompagnandola con amore anche quando si è ammalata di alzheimer.Il suo motto era "Senza amore non si vive si sopravvive". E lui ha sempre vissuto. Mi manca tanto!

Maddalena Caccavale

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Lettera di Fabrizio

Roma lì 11 marzo 2020

            

Cari amici,

a causa del coronavirus siamo tutti segregati a casa o a studio mentre in televisione, alla radio, nei bar e per strada non si parla d’altro che di questo maledettissimo morbo.

Come sapete siamo stati costretti a sospendere anche le nostre attività ma la forzata lontananza non incide ovviamente in alcun modo sui rapporti di autentica amicizia e di sincero affetto che si sono creati fra noi.

Purtroppo non sappiamo quando le nostre attività potranno riprendere ma invito tutti (me compreso!) ad utilizzare il telefono, i social, la corrispondenza ecc. ecc. per tenerci in contatto e dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che pur lontani siamo sempre un bellissimo gruppo di amici.

            

Con molto affetto

Fabrizio

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La loggia dei vini di Giusy Antonaci

LA “LOGGIA DEI VINI”
di Giusy Antonaci
Immagine: Facciata esterna della Loggia dei vini, Villa Borghese, Roma.
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Quante volte ho percorso viale dei lecci a Villa Borghese? 
Venti? Cento? Forse mille?
Devo essere stata proprio accecata dai pensieri o dal sole insinuatosi fra i rami verdeggianti, oppure inebriata dai profumi di aranci e alloro dei Giardini Segreti per non soffermare lo sguardo, neppure una volta, sulla Loggia dei vini. Lungo il cammino, non è pienamente visibile perché appena sotto il livello del viale, seminascosta dagli alberi che le fanno ombra, circondata da un'inferriata arrugginita che la imprigiona, come per farle espiare il peccato commesso nel passato di deliziare ospiti importanti e dal palato fine. È chiusa al pubblico questa costruzione dall'architettura classicheggiante, che inizialmente può somigliare ad una tomba romana, e le chiavi dei catenacci le possiede un archeologo che lavora da anni a Villa Borghese, artefice di notevoli operazioni di recupero dei numerosi edifici e fontane che abbelliscono la Villa del '600, prima residenza del Cardinale Scipione Borghese. 
Per un giorno accetta di fare da guida a me e ad un gruppo ristretto di amici, che amano le scoperte. 
Apre il cancello. Scendo piano due rampe di scalini scivolosi, perché ricoperti da un tappeto di fittissimo muschio da cui si solleva un penetrante profumo boschivo. 
"Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti..." è il verso manzoniano che riaffiora nella mia mente in questi attimi, per associazione con l'atmosfera di antico abbandono, che riporta indietro nei secoli. 
Intorno, dove sorgeva un giardino, un campo incolto con ortiche robuste e qualche carota qua e là per sfamare un coniglio bianco, unico abitatore della Loggia dei vini. Da vicino è bellissima, a pianta ovale, imponente, ma nello stesso tempo di un singolare equilibrio armonico, danneggiata e scrostata dal tempo. 
Attraverso gli archi, che fanno penetrare la luce all'interno, si giunge in un androne ovale, intimo, uno spazio semiaperto dove le voci echeggiano e rendono ancora più suggestivo l'ambiente. 
Al centro della volta, festoni di stucco custodiscono affreschi policromi in parte visibili, raffiguranti il convito degli dei, opera di Archita Rossi. I volti sono sbiaditi, per cui le figure non sono riconoscibili, eccetto Marte in primo piano, altero con l'elmo bronzeo e la corazza corta. 
S'intravedono anfore, boccali, pampini e al centro della sala un grande tavolo rettangolare intorno a cui gli dei banchettano e bevono nettare, in un'atmosfera gioiosa. 
L'affresco simboleggia proprio lo scopo della Loggia, il banchetto fastoso. La Loggia fu realizzata tra il 1609 e il 1618 da Flaminio Ponzio, per esaudire il desiderio del Cardinale Borghese di creare nel parco un angolo di raffinatezza adibito a banchetti nel periodo estivo per la sua famiglia, ma soprattutto per ambasciatori, personalità, generali, invitati per riunioni conviviali. 
Così, quel luogo ameno divenne un esempio di diplomazia internazionale dal '600 all' '800.
Proverbiali furono alcuni pranzi all' aperto e grandi libagioni, come il banchetto del 1619 in occasione dell'Ambasceria del Giappone, quello in onore dell'elettrice di Sassonia nel 1772, documentato con dipinti di Ignaz Unterper, il convito offerto dai Borghese nel 1802 in onore del generale Gioachino Murat, marito di Carolina Bonaparte. 
Come nell'affresco sulla volta, anche nella sala, al centro dello spazio conviviale, era sistemato un grande tavolo marmoreo rettangolare con fori, che venivano riempiti d'acqua all'occorrenza e usati per rinfrescare il vino. 
A tale proposito, veniva utilizzato anche del ghiaccio, fatto trasportare appositamente in blocchi con carrozze e depositato nella Grotta, una cantina usata per conservare le botti di vino e collegata con un percorso sotterraneo alle cucine della residenza, detta il "Casino Nobile". Era lì che si preparavano per le occasioni i piatti più succulenti, a base soprattutto di carni scelte e pietanze luculliane servite in enormi vassoi d'argento e decorate con cascate di ortaggi, frutta fresca e secca. Piatti tipici molto apprezzati erano gli uccelletti in crosta, che venivano cucinati ancora vivi con foglie di alloro, mirto e rosmarino, oltre ai maialini interi presentati dentro architetture di verdure miste e patate, tra lo stupore degli invitati. E poi c'era il vino, tanto vino, proveniente dai vigneti della Villa, sorseggiato, assaporato in calici preziosi e decantato. 
I domestici si adoperavano per trasportare i piatti attraverso la cantina, mentre fra gli invitati era tutto un fruscio di vesti di seta, ventagli, un tintinnio di gioielli delle signore e un fiume di apprezzamenti lusinghieri. 
Si discuteva di affari e di arte e nel frattempo si festeggiava con allegre libagioni, fino a raggiungere l'ebbrezza che disinibiva e scioglieva la lingua. Era il luogo dei sapori e delle delizie, nel cuore di Roma, tra il quartiere Pinciano e il rione Campo Marzio, nel grande parco di Villa Borghese, dove l'area verde è divisa geometricamente per stabilire, tra edifici, statue e laghetti, i poli visivi delle due fontane circolari sulle piazzole rotonde degli incroci. È tutto un intersecarsi rigoroso di aiuole assortite e viali che consentivano alle carrozze l'accesso al Casino Nobile, sede estiva di uno dei maggiori protagonisti della vita culturale del '600, l'indimenticabile Cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V Borghese, che provvide a elargire protezione e ricchezza ai familiari e in special modo al nipote. 
Il Cardinale raccolse una stupenda collezione d' arte antica e moderna nel Casino Nobile, divenuto nel '900 un museo che espone le più importanti opere d'arte dal XVI al XVIII secolo e capolavori di artisti come Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Bernini e Canova. 
Tra le ville romane, Villa Borghese è una delle più ricche di testimonianze artistiche e paesaggistiche e non sono un segreto le scappatoie, anche spudoratamente subdole, a cui ricorse il Cardinale, pur di accaparrarsi le opere più belle che gli piacevano maggiormente, per le quali si sarebbe venduto anche l'anima. 
Intanto, dopo un esauriente excursus storico-artistico della guida e la visione di una carrellata di dipinti d'epoca in cui è ritratta la Loggia dei vini gremita di gente, in speciali occasioni, la breve visita termina. Un'ultima occhiata e due domande legittime :"A quando il restauro? A quanto ammonterebbe?". 
Le risposte sono queste:"Di per sé, considerando gli spazi, il costo non sarebbe eccessivo ed i tempi nemmeno troppo estesi. Ciò che preoccupa maggiormente è la lungaggine delle pratiche per ottenere i fondi, per l'approvazione dei progetti edilizi e architettonici, anche per la sistemazione del verde, oltre alle gare, insomma un iter burocratico che, il più delle volte, ostacola un percorso che potrebbe essere, invece, breve e lineare. "
In attesa degli eventi, si richiudono i cancelli e la Loggia dei vini resta lì, misconosciuta, avvolta nel silenzio in cui pare di sentire un'invocazione impercettibile d'aiuto, di nuovo imprigionata dalle sbarre, tra profumi, delizie ed echi di antichi fasti. 
Bibliografia 
- J. Di Schino, I fasti del banchetto barocco, Diomeda Centro Studi e Ricerche 
- A. Capitelli, Villa Borghese. Da giardino del principe a parco dei romani, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 2003
- Romasegreta.it on line

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Buon Anno

BUON ANNO A TUTTI

Cari amici,

è finito il 2019 e tutti ci auguriamo che il 2020 sia migliore dell'anno che è passato.

Avremmo tutti potuto far meglio e di più ma questo non è il momento di rimpianti o di rimorsi ma di speranze e di buone intenzioni.

Nel tempo si è consolidata la nostra amicizia e personalmente non vedo l'ora di mercoledì 8/1 e di sabato 11/1 quando riprenderanno le nostre attività e potrò rivedervi tutti.

Abbiamo fatto tante cose insieme e tante ne faremo nel prossimo anno pronti a raccogliere quei suggerimenti che ciascuno di voi potrà fornire.

Il mio augurio più sincero è che il 2020 ci veda ancora uniti in uno spirito di vero amore e di autentica solidarietà.

Da soli possiamo fare ben poco di fronte alle difficoltà che la vita ci propone e ci proporrà e l'amicizia è l'unica vera arma con cui combattere contro le avversità e godere dei momenti belli che la stessa vita, per fortuna, spesso ci concede.

Vi voglio bene.

Un abbraccio e a presto.

                                                                                     Fabrizio

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Le poesie

Davanti
di Lamberto Vergari
 
Davanti ad un muro
ti devi fermare.
 
Davanti ad un viale 
ti puoi incamminare.
 
Davanti ad un bivio
ti devi decidere.
 
Davanti alla vita
ti devi incoraggiare.
 
Davanti alla morte
ti devi arrendere.
 
Davanti ad un sorriso
ti devi illuminare.
 
Davanti ad un pianto 
ti puoi girare.
 
Davanti agli altri
ti devi rispettare.
 
Davanti a te stesso
ti devi giudicare.
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Le poesie

Abbiamo
di Flavia Lo Savio
 
Abbiamo occhi per parlare,
Abbiamo angeli che ci insegnano a volare,
 
Abbiamo troppo da ricordare,
Oltre quei farmaci che ci fanno inebetire,
Abbiamo voglia di cambiare
Aprire le finestre
Respirare il sole
 
Abbiamo tutto da rifare
Molta paura se ci voltiamo indietro,
Abbiamo tutto da disfare
Come un maglione non venuto bene,
Abbiamo fili da dipanare
Per ritrovare l'uscita del labirinto.
 
Abbiamo tanto
Per crederci nessuno
Eppure spesso
Continuiamo a disperare.
 
Abbiamo una fortuna immensa
Quella di essere diversi
Ossia speciali
E di essere tanti
E di essere Noi
Non disperati
Solo disperatamente sinceri
Non discriminati
Solo disperatamente veri
No, non disperati
Solo un po' dispersi nel mare,
Mare che cambia,
Mare in bufera
 
Mare che urla,
Mare che comanda,
Mare che prima o poi si placa,
Riportando a riva
Sassi di vetro colorato,
Brillanti e tondi
Come l'amicizia.
 
Coraggio fratelli,
Cominciamo a nuotare.
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